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 BREVE RIASSUNTO IMMANUEL KANT

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MessaggioTitolo: BREVE RIASSUNTO IMMANUEL KANT   BREVE RIASSUNTO IMMANUEL KANT Icon_minitimeMer Apr 02, 2008 12:01 pm

IMMANUEL KANT
guida alla comprensione
Introduzione


Cerchiamo innanzitutto di chiarire l'intento di questa dispensa, in quanto certamente risulta impossibile ridurre la complessità del pensiero di Kant in poche righe o poche pagine, senza perderne il senso profondo. Tuttavia crediamo che possa essere decisamente utile elaborare una descrizione del suo pensiero tale da mettere in luce i nessi teoretici che guidano la ricerca filosofica dello stesso, in modo da aver chiaro, oltre ad una congerie di strane trovate filosofiche (per giunta piuttosto lontane dal senso comune, il quale sebbene sia guardato con un certo disprezzo dalla maggior parte dei filosofi é pur sempre ciò che determina il nostro vivere quotidiano), anche lo sviluppo delle stesse, da quale problematica provengano, quali intenzioni profonde sottendano, quale effettivo risultato ottengano e quale risultato invece falliscano. Rimane che anche un lavoro di tal tipo dovrebbe riempire numerose pagine; dunque noi presenteremo semplicemente uno schema, in modo che sia possibile orientarsi in un qualche modo nel pensiero di Kant.


La problematica previa al pensiero critico di Kant





Si può affermare che Kant fondamentalmente abbia tentato nel suo pensiero di fondare i principi gnoseologici della scienza (messi in crisi dalla lettura di Hume), con la speranza iniziale, e poi scomparsa, di rifondare (sulla base di tali ricerche) la "scienza metafisica", e che in questo lavoro mai abbia perso la suggestione e la commozione tipicamente pietiste verso la bellezza della natura e la profondità del cuore umano (legge morale). Si afferma nel pensiero di Kant la scomparsa della metafisica (come vicinanza conoscitiva all'assoluto) ed il suo posto (se ci é consentito dire) é preso dall'etica, mentre la scienza per poter essere rigorosa deve conquistarsi uno spazio nuovo che consiste poi nel mondo fenomenico (messo in luce dalla prospettiva trascendentale).



Ma indichiamo quelli che potrebbero essere i presupposti del pensiero kantiano:

- la religione pietista: che infonde in Kant il sentimento della grandezza della natura e della forza interiore della legge del dovere.

- la scienza sperimentale (Newton): che Kant mai mette in dubbio nella sua validità; egli dubiterà dell'esistenza di una giustificazione filosofica di tale scienza, ma mai dell'esistenza di verità scientifiche (ovvero universali e necessarie) quali quelle della matematica e della fisica .

- la metafisica leibniziana mediata da Wolff: essa porta Kant a considerare la possibilità di una mediazione tra la monade di Leibnz e la fisica quantitativa di Newton (ovviamente inconciliabili, poiché la prima afferma che il reale é frutto di energia metafisica (la monade), la seconda che la realtà é materia in moto). Tale ricerca risulterà infruttuosa e Kant a malincuore dovrà abbandonare l'idea di poter sviluppare un sapere metafisico[1] scientifico (ovvero universale e necessario) in quanto i risultati della "Critica della ragion pura" indicheranno la scientificità del sapere nel suo essere frutto di un condizionamento del soggetto (spazio, tempo, categorie) sull'oggetto e dunque un sapere incondizionato (quale quello che vorrebbe costituire la metafisica) é un non sapere (essendo il sapere frutto di condizioni del soggetto).




La soluzione kantiana





Kant, dopo i tentativi di costruire una metafisica leibniziano-newtoniana, messi in crisi dalla lettura di Hume (che, si tenga presente, aveva criticato radicalmente il principio di causa-effetto, negando la possibilità di qualsiasi sapere scientifico -fisico o metafisico che fosse-), intuisce una possibile soluzione al problema relativo alla questione della scientificità della metafisica (soluzione che in parte abbiamo anticipato nelle ultime righe del precedente paragrafo).

E' la famosa rivoluzione copernicana, dapprima espressa parzialmente nella Dissertatio de mundiis sensibilis atque intelligibilis formae et principiis del 1770 e poi definitivamente nella Critica della Ragion pura.

Noi qui la esporremo senza tenere conto di tale difficoltosa nascita che dura più di un decennio.

La soluzione é tanto semplice quanto ardita: nella conoscenza non é il soggetto ad adeguarsi all'oggetto, ma al contrario é l'oggetto che si determina sulle leggi del soggetto.

Questa nuova prospettiva (che peraltro può essere vista come l'approdo di tutto l'antropocentrismo moderno sviluppatosi dall'umanesimo e, filosoficamente, da Cartesio in poi) ribalta ogni canone filosofico classico e segna la nascita della filosofia trascendentale ovvero la ricerca di quelle condizioni (o leggi) che, come si é detto sopra, determinano l'oggetto (permettendo così di conoscerlo). Questo é il compito della Critica della ragion pura , ovvero mettere in luce le condizioni della conoscenza stando alle quali solamente é possibile conoscere. E' la ricerca di quell'a priori che deve essere presente nei giudizi sintetici perché essi possano essere scientifici.



Si ricordi la dottrina dei giudizi kantiana. Per Kant i giudizi a priori se analitici sono inutili poiché non aggiungono nulla di nuovo alla conoscenza, se sintetici ma a posteriori (fondati sulla esperienza) sono non scientifici (né universali, né necessari); occorreva capire come potevano esistere giudizi sintetici a priori visto che essi certamente esistono per Kant: sono quelli della scienza e della matematica (vedi es. 7+5=12). Si tratta però di capire come essi possano esistere, quale sia il loro fondamento. Questo perché é la rivoluzione copernicana: essi esistono perché l'esperienza é determinata dal soggetto (possiede un elemento a priori [2]).



Questo a priori é trovato nelle forme pure a priori di spazio e tempo, le quali costituiscono l'aspetto formale dell'esperienza (l'aspetto materiale é la sensazione, ovvero l'essere passibili di un contatto con il mondo esterno) ed é su questo aspetto che si fonda la scienza ed essendo esso totalmente a priori, la scienza é garantita di quella universalità e necessità che si cercava.[3]

Ma se questo é vero allora ciò che la scienza indaga non é la realtà nella sua effettività, non é il mondo oggettivo (degli oggetti, intesi come realtà ontologiche); ciò che la scienza indaga é il fenomeno: ciò che io conosco e io stesso in parte determino (ciò che a me appare[4]). Non conosco la cosa in sé, poiché tale cosa in sé, in quanto é in sé, é inconoscibile[5]; conosco, invece, il fenomeno che risulta essere un terzo termine tra soggetto e realtà, al quale si ferma la mia conoscenza che mai giungerà alla realtà stessa.

Questa soluzione[6] impone a Kant tali e tante problematiche che occorrerà un rielaborazione radicale di tutta la dottrina filosofica tradizionale.

Kant dopo aver considerato la conoscenza sensibile passa alla considerazione di quella intellettiva e definisce tale conoscenza attorno al termine giudizio: per Kant conoscere é giudicare. Il giudizio nel pensiero kantiano é sussumere un molteplice sotto una rappresentazione data. Spieghiamo la frase. Il molteplice é il fenomeno sensibile che é già stato legiferato (ordinato) dalle forme pure a priori di spazio e tempo della sensibilità, ma che ancora non ha un'unità sua propria. Le rappresentazioni date sono, in questo caso, le categorie o concetti puri dell'intelletto, i quali presenti a priori (sono puri) nell'intelletto rendono possibile il giudizio; sussumere significa, possiamo dire, unificare. Dunque l'intelletto prosegue il lavoro della sensibilità unificando i risultati già prodotti dalla sensibilità. Una annotazione qui é d'obbligo. Kant afferma che l'intelletto unifica e specifica più volte che non intuisce[7]. Kant afferma questo perché se l'intelletto intuisse, nella prospettiva della rivoluzione copernicana, avrebbe capacità creativa dell'oggetto; difatti se é l'oggetto che dipende dal soggetto e se il soggetto avesse il potere di intuire (conoscere direttamente) l'unità dell'oggetto, evidentemente il soggetto creerebbe direttamente l'oggetto stesso (essendo il conoscere un determinare). Questa sarà la direzione intrapresa dagli idealisti, i quali elimineranno la cosa in sé come residuo inutile di un pensiero (quello trascendentale che si stava trasformando in idealistico) che mostra delle valenze esaltanti per il cuore romantico dell'epoca post-kantiana: la possibilità di far emergere la Ragione umana come elemento di suprema creatività e libertà. Kant invece non accetterà mai (né nella critica, quando il suo stesso pensiero lo porterà vicino a questa sponda idealistica, né quando Fichte, da lui materialmente aiutato agli inizi della carriera, porterà il suo pensiero a conseguenze non condivise) l'ottica dell'idealismo, e sosterrà con tutte le sue forze speculative che l'uomo determina solo il formale dell'oggetto (spazio, tempo, categorie) e non il materiale (sensazioni, ovvero il contatto con il reale) il quale é comunque necessario alla conoscenza (anche se noi poi conosciamo solo il formale); dunque sosterrà la necessità di affermare l'esistenza di una cosa in sé come punto di partenza inconosciuto della conoscenza.

Detto questo dovrebbe risultare sufficientemente chiara sia la dottrina della deduzione trascendentale che quella dell'io penso.

La dottrina della deduzione trascendentale affronta la problematica di una giustificazione della capacità delle categorie di applicarsi ad una realtà a loro estranea[8] . Sappiamo che la soluzione é trovata nel fatto che senza di esse non si darebbe alcuna esperienza, in quanto esse sono le condizioni di pensabilità della stessa esperienza[9]. Dunque esse trovano giustificazione nella stessa rivoluzione copernicana.

A riguardo dell'io penso occorre dire che la problematica nasce dalla natura della conoscenza kantiana. Se conoscere é unificare occorre trovare il punto di unità che permetta tale unificazione, o, detto diversamente, occorre trovare il polo unitario verso cui tende questo lavoro unificatore. Questo polo unitario é l'io penso in quanto tutto ciò che rappresento é rappresentato per un io che pensa (altrimenti potrebbe essere rappresentato qualcosa in me che non é da me pensato, il che equivarrebbe a dire che il mio io potrebbe essere un "io variopinto", cioè spezzato in più conoscenze che non sono affatto mie in quanto non da me pensate). E' dunque l'io che dà unità all'oggetto[10] e che rende possibile la stessa pensabilità dell'oggetto. L'io non é la mia realtà sensibile (poiché essa é semplicemente fenomeno), né é la mia anima (una realtà sostanziale che sottende il mio pensiero) poiché delle cose in sé non posso conoscere nulla; esso é una funzione trascendentale ovvero una funzione del conoscere. Come spazio e tempo e categorie si deve ammettere un io penso che unifichi (oltre l'unificazione categoriale) tutta la conoscenza, pena il non poter spiegare il processo conoscitivo: l'io penso é una funzione della conoscenza.
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MessaggioTitolo: Re: BREVE RIASSUNTO IMMANUEL KANT   BREVE RIASSUNTO IMMANUEL KANT Icon_minitimeMer Apr 02, 2008 12:05 pm

Rimane da risolvere un problema: se é vero che le categorie sono condizione di pensabilità dell'esperienza e quindi sono così giustificate nel loro esercizio di unificazione dei fenomeni, però come effettivamente esse operano su di essi? Quale é il tramite per cui esse possono agire sui fenomeni (vista la già affermata eterogeneità con essi)?

E' il problema dello schematismo trascendentale problema fondamentale, perché senza la soluzione di esso non si potrebbe mantenere quella difficile posizione di equilibrio tra realismo ed idealismo che ha il pensiero kantiano e che é la caratteristica più specifica dello stesso
[1]. Anche qui la soluzione é geniale. Il tramite tra categoria e fenomeno non é un problema perché esistendo il tempo quale condizione a priori del fenomeno abbiamo un termine che, da un lato é consono al fenomeno (essendone una sua condizione) dall'altro é consono alla categoria (essendo a priori), quindi può fungere da elemento mediatore. Questa mediazione avviene grazie al fatto che il tempo, quando unifica il fenomeno, assume degli schemi[2] che corrispondono alle diverse categorie, e grazie ad essi ogni categoria può operare su ogni fenomeno (avente lo schema adatto ad essa). La produzione di tali schemi é dovuta alla immaginazione trascendentale una nuova facoltà che ha questo importante compito mediativo; essa forma gli schemi trascendentali del tempo tenendo conto delle categorie dell'intelletto. La soluzione é geniale perché Kant può affermare che l'intelletto non opera direttamente sulla formazione del fenomeno (non intuisce) e tuttavia può unificare lo stesso senza essere totalmente estrinseco ad esso (egli riconosce nel fenomeno quello che é stato determinato[3] a partire dalle sue categorie).

Kant poi nell'analitica dei principi tenta di elaborare tutti i principi a priori dello studio della natura, i quali sono appunto deducibili dalle condizioni a priori appena evidenziate.




I limiti della ragione umana





Nella dialettica trascendentale Kant mette in luce gli errori in cui la ragione é portata dal suo stesso procedere, dalla sua stessa natura. Infatti la ragione é la facoltà dell'incondizionato, essa dunque tende irrefrenabilmente ad una conoscenza dell'assoluto. Tuttavia tale assoluto o incondizionato é inconoscibile
[4]. La ragione sviluppa questa sua natura attraverso il sillogismo, che effettivamente é quell'operazione logica che permette di uscire dalla condizione posta dal giudizio per una comprensione più ampia. La ragione sillogizza attorno a tre punti guida: le tre idee della ragione ovvero io,mondo e Dio. Queste tre idee non portano ad alcuna conoscenza ma hanno comunque una importanza notevole, esse hanno una funzione regolativa della conoscenza, ovvero hanno il compito di unificare e ampliare tutte le nostre conoscenze in un panorama coerente e sempre più vasto.

Appare chiaro come il pensiero di Kant sia estremamente instabile, anzi sia un perfetto equilibrio instabile. Non si può negare l'armonia e la coerenza di questo pensiero, tuttavia é certo che é come un pensiero di cui manca il punto di equilibrio, il baricentro. Nel tentativo di trovare tale baricentro e nel trovarlo nell'attività dell'io, come del resto sembrava suggerire lo stesso Kant fin dall'inizio con la sua rivoluzione copernicana, Fichte porterà la filosofia all'interno della spirale idealistica.
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[1] Kant é tanto idealista quanto basta per rendere la conoscenza rigorosa e necessaria (a priori) ed é tanto realista quanto basta per non cadere in una posizione che sostenga la creatività reale dell'io rispetto al mondo (cosa in sé).


[2] detti schemi trascendentali.


[3] la immaginazione trascendentale opera sulla base delle categorie.


[4] come si diceva prima conoscere é porre condizioni a priori (spazio, tempo, categorie) ad un materiale che é la sensazione.
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